Lattice QCD per principianti - 6/N

Nelle puntate precedenti abbiamo visto che esiste una connessione profonda tra teorie di campo nel minkowskiano in $d$ dimensioni spaziali e una temporale, e teorie di meccanica statistica (nell'euclideo) in $d+1$ dimensioni spaziali. Il funzionale generatore delle funzioni a $n$ punti  della QFT diventa, dopo la rotazione di Wick, una funzione di partizione canonica, e l'azione diventa un'hamiltoniana (sempre tenendo conto del cambiamento di dimensioni e della possibile presenza di costanti d'accoppiamento, che probabilmente diventano qualcosa che ha a che fare con la temperatura). Introducendo un reticolo, ossia una discretizzazione dello spazio, operazione che peraltro ci rende "facile" definire, almeno come limite, la misura funzionale $[{\cal D}\phi]$, siamo riusciti a collegare direttamente la teoria $\phi^4$ al modello di Ising. Alcune cose dovrebbero essere chiare:
  1. Una volta definita la nostra QFT nell'euclideo, su reticolo, nessuno ci vieta, per esempio, di fare teoria delle perturbazioni: il passo reticolare $a$ in questo caso gioca esattamente lo stesso ruolo di un cut-off ultravioletto $\Lambda \sim 1/a$ (ricordate che siamo in unità naturali, quindi una lunghezza ha le dimensioni di un momento, o di una massa, alla meno uno). Se sviluppate perturbativamente la vostra teoria (ovviamente le regole di Feynman cambiano un po', e diventano un po' più complicate...) non incontrerete nessun diagramma divergente, almeno finché tenete $a \gt 0$. Ma naturalmente, fino a prova contraria, noi viviamo in una realtà in cui lo spazio-tempo è continuo, quindi alla fine dei nostri conti vogliamo passare al limite del continuo, $a\to 0$. Ed è qui che tornano i mal di pancia legati alla rinormalizzazione;
  2. Il passaggio all'euclideo significa che l'invarianza di Lorentz diventa invarianza sotto il gruppo delle rotazioni $O(4)$;
  3. L'introduzione di un reticolo comporta che comunque questa invarianza viene persa, e diventa invarianza sotto un sottogruppo, quello delle rotazioni di $\pi/2$; naturalmente anche l'invarianza per traslazioni è parzialmente persa, vale solo per spostamenti discreti pari al passo reticolare $a$; nulla di grave, entrambe queste simmetrie vengono recuperate quando andiamo al limite del continuo, $a\to 0$;
  4. quella che non vogliamo e soprattutto non possiamo perdere è un'eventuale invarianza locale di gauge della teoria. Il perché è presto detto. 
Rinormalizzare una teoria di campo comporta (almeno) due passi: il primo è quello della regolarizzazione; occorre dare un senso agli integrali divergenti che si incontrano, in teoria delle perturbazioni, oltre il tree-level. Sappiamo che la divergenza è data dal comportamento degli integrali quando il momento che "gira nel loop" va a infinito, quindi è una divergenza "ultravioletta" (va da sé che non mi sto occupando delle disgustose divergenze infrarosse che si possono incontrare per strada, e che comunque è possibile curare in un altro modo). Se prendete ancora una volta la teoria $\phi^4$ come esempio, uno dei possibili modi per regolarizzare la teoria, ma non necessariamente il più furbo, consiste nell'imporre un cut-off ultravioletto $\Lambda$ al valore massimo che i momenti che girano nei loop possono assumere. In questo modo non incontrerete mai nessuna divergenza, ma tutto questo ha un prezzo che va pagato; il prezzo è che ora i vostri risultati dipendono esplicitamente da una scala di momento, $\Lambda$, che è assolutamente arbitraria. Da questo punto di vista il reticolo è semplicemente uno dei possibili modi di regolarizzare una QFT: il passo reticolare $a$, come dicevo prima, fornisce un cut-off ultravioletto naturale, $\Lambda \sim 1/a$.
Bene. Il secondo passo consiste nel rimuovere, con estrema cautela, il cut-off, ossia mandare $\Lambda \to \infty$, oppure se preferite $a \to 0$, ma in modo tale da ottenere risposte fisiche significative. Questo può essere fatto esprimendo i vostri risultati in funzione non delle quantità bare, ossia delle masse e dei coupling che compaiono originariamente nella lagrangiana, ma in funzione delle così dette quantità rinormalizzate. Naturalmente non vorrò scrivere nulla di più sulla rinormalizzazione perturbativa di una QFT, anche se parlerò parecchio, in seguito, della rinormalizzazione non-perturbativa.

È assolutamente necessario, però, aggiungere almeno una cosa: se nel processo di regolarizzazione rompete una simmetria locale di gauge, poi non la recuperate più. Ma noi sappiamo che l'invarianza di gauge è un ingrediente fondamentale per assicurare la rinormalizzabilità di una teoria di gauge. Quindi quando andate a rimuovere il cut-off, dopo aver rotto l'invarianza di gauge, vi ritrovate con un pugno di mosche in mano, ossia con una teoria non gauge-invariante e non rinormalizzabile. No buono. 

Per le teorie di gauge occorre agire in maniera "discreta" (perdonerete il facile gioco di parole), e trovare il modo di metterle su reticolo senza rompere l'invarianza locale di gauge. Solo in questo modo potremo recuperare, nel limite del continuo $a \to 0$, ossia dopo la rimozione del cut-off ultravioletto, una teoria fisica "sana".

QED su reticolo

Parto dalla QED perché è basata su un gruppo di gauge abeliano, $\text{U}(1)$, quindi i conti risultano semplificati. Quando si tratterà di passare alla QCD basterà sostituire a $\text{U}(1)$ il gruppo $\text{SU}(3)$ e tenere conto della non commutatività del gruppo stesso. Lo dico come se fosse facile, ma in realtà non lo è. Aggiungo un caveat: ruotare all'euclideo uno spinore è una roba che richiede sottigliezze che non posso certo descrivere in queste pagine. Fate finta di niente: alla fine le cose che scriverò sono dimostrabilmente funzionanti (almeno da un punto di vista squisitamente numerico).

Assumiamo di essere già passati all'euclideo e scriviamo appunto la (densità di) lagrangiana per un fermione libero di Dirac di massa $m$: $$ {\cal L}_{\text{D}} = \bar{\psi}(x)(\gamma_\mu\partial_\mu + m) \psi(x) $$ Notate che, poiché siamo nell'euclideo, "alzare e abbassare" gli indici non ha senso, basta ricordarsi della convenzione della somma su  indici ripetuti. Le matrici $\gamma$ nell'euclideo sono hermitiane. Io preferisco la rappresentazione chirale, quella in cui $\gamma_5$ è diagonale; ma è questione di gusti. Diciamo che vogliamo discretizzare questa lagrangiana, introducendo, come nel caso della teoria $\phi^4$, un reticolo semplicemente cubico (in $4$ dimensioni) di passo reticolare $a$. Per motivi di hermiticità è conveniente dare una definizione simmetrica della derivata nel punto $x$: $$ \partial_\mu\psi(x) = \frac{\psi(x+a\hat\mu)-\psi(x-a\hat\mu)}{2a} $$ In realtà qui sto aprendo il gabbione dei leoni: discretizzare una teoria fermionica comporta un problema, molto profondo, noto come fermion doubling. In pratica per ogni fermione definito sul continuo, su reticolo vi ritrovate $2^d$ fermioni, dove $d$ è la dimensionalità del sistema, e quando fate il limite del continuo vi restano sul groppone. Esistono cure note, sappiamo come fare, ma è una questione tecnica, quindi per il momento fate finta di nulla. Voglio solo mostrare come discretizzare in maniera esageratamente ingenua una teoria con simmetria locale di gauge. In seguito avrò anche da ridire sulla definizione di "derivata discreta", alla fine sarà meglio sceglierne un'altra ancora più simmetrica. Ma per il momento contentiamoci, e scriviamo la lagrangiana discreta: $$ {\cal L} = \frac{1}{2a}\bar{\psi}(x)\gamma_\mu[\psi(x+a\hat\mu) - \psi(x-a\hat\mu)] + m\bar{\psi}(x)\psi(x) $$ (ricordate la somma sugli indici ripetuti).
Questa lagrangiana continua ad avere, come quella sul continuo, una simmetria di gauge globale: se infatti $\psi'(x) = \text{e}^{i\alpha} \psi(x)$, dove $\alpha$ è un parametro che assume lo stesso valore in ogni punto dello spazio tempo (insomma, una costante), allora ${\cal L}' = {\cal L}$, perché $\bar{\psi}(x)$ si trasforma con la fase all'esponenziale cambiata di segno, e gli esponenziali si cancellano. Ma che succede ora se pretendiamo che la simmetria di gauge diventi locale, ossia che $\alpha \equiv \alpha(x)$ diventi una funzione che assume valori diversi in diversi punti? Prendiamo in esame il primo termine, tralasciando per semplicità il fattore $1/2a$ e la matrice $\gamma$. Abbiamo, ponendo $y = x + a\hat\mu$, $$ \bar{\psi}(x)\psi(y) \to \bar{\psi}(x)\text{e}^{-i\alpha(x)}\text{e}^{i\alpha(y)}\psi(y) = \text{e}^{i[\alpha(y)-\alpha(x)]}\bar{\psi}(x)\psi(y) $$ E no, questo non è invariante proprio per niente. La soluzione consiste nell'inserire un così detto trasporto parallelo che trasporti, appunto, l'informazione sul cambiamento di fase dal punto $x$ al punto $y$, che ricordiamolo, è il primo vicino di $x$ in direzione positiva $\hat\mu$. Introduciamo quindi una variabile $U_\mu(x)$ che vive sul link che connette il sito $x$ al sito $y$. La figura che segue dovrebbe spiegare un po' le cose.


Ora pretendiamo che sotto una trasformazione di gauge la nuova variabile si trasformi nel modo seguente: $$ U_\mu(x) \to \text{e}^{i\alpha(x)}U_\mu(x)\text{e}^{-i\alpha(x+a\hat\mu)} $$ Quindi se ora prendiamo in considerazione la quantità $\bar{\psi}(x)U_\mu(x)\psi(x+a\hat\mu)$ abbiamo, sotto trasformazioni locali di gauge: $$ \bar{\psi}(x)U_\mu(x)\psi(x+a\hat\mu) \to \bar{\psi}(x)U_\mu(x)\psi(x+a\hat\mu) $$ TADAH! Basta cambiare la definizione di derivata, introducendo un nuovo campo che vive sui link invece che sui siti. Insomma, abbiamo appena definito la derivata covariante.

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