Lattice QCD per principianti - 9/N
Vi starete chiedendo perché nella scorsa puntata ho fatto una digressione sulla teoria delle perturbazioni nel continuo. In realtà me lo sto chiedendo pure io, ma vi sarete resi conto che sto navigando un po' a vista, non ho un piano prestabilito ben congegnato; benché umilmente, allo stesso modo del Sommo Poeta, quando nel Purgatorio incontra Bonagiunta da Lucca, dico:
[...] I' mi son un, che quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
ch'e' ditta dentro vo significando.
Detto questo, lasciatemi introdurre una buona approssimazione della QCD, che per motivi che saranno subito chiari chiameremo Light-QCD: una QCD con solo due flavour di quark, up e down, sostanzialmente massless. Assumeremo di poter simulare questa teoria (è un po' un problema, ma con opportuni accorgimenti si può fare) e se la mettiamo su reticolo la chiamiamo LLQCD (Lattice-Light-QCD). LQCD è una buona approssimazione di QCD: i quark up e down sono molto più leggeri dello strange (figuriamoci degli altri), quindi è ragionevole assumerli massless, almeno come primo passo, ed è ragionevole, sempre in prima approssimazione, trascurare il contributo dinamico dei quark più pesanti. In LLQCD si possono calcolare, per esempio, le masse degli adroni più leggeri, e trovarle in buon accordo con i dati empirici. C'è un piccolo problema: in LQCD i pioni, ossia i mesoni più leggeri, stati pseudoscalari, sono massless. Questo è dovuto a un fenomeno noto come rottura spontanea della simmetria chirale, e i pioni diventano i bosoni di Goldstone della teoria. Nella realtà i pioni non sono massless; è pur vero però che sono di gran lunga gli stati adronici più leggeri. Confrontate i circa $135$ MeV del pione con i circa $770$ MeV della particella $\rho$, che ha lo stesso contenuto di quark.
Se ho scelto LLQCD per cominciare è per un motivo ben preciso: perché in questa teoria, essendo i quark massless, ho un solo parametro libero nella lagrangiana: la costante d'accoppiamento. Questo mi farà gioco quando vorrò spiegare la rinormalizzazione su reticolo (devo spendere un solo input fisico) o anche il calcolo teorico della costante d'accoppiamento rinormalizzata a una certa scala. Adesso però mi preme di spiegare perché il limite del continuo, nella QCD su reticolo, corrisponde a una transizione di fase del secondo ordine in un modello di Meccanica Statistica.
Soprattutto vorrei rispondere a una domanda che sento girare nell'aria, anche se rimane inespressa: quando si fa una simulazione, come si decide il valore del passo reticolare $a$? Cosa facciamo, lo mettiamo esplicitamente a $0.05$ fm? O a un valore più piccolo, o più grande? E come decidiamo, in corrispondenza, il valore della costante d'accoppiamento bare? Ovvero, sembra che i parametri liberi in LLQCD siano due: $g_0$ e $a$, di cui uno con le dimensioni fisiche di una lunghezza. Ma questo non è vero, per un paio di motivi. Prima di tutto in una simulazione possiamo inserire solo parametri adimensionali, e poiché l'unica scala fisica in una simulazione è il passo reticolare $a$ (stiamo assumendo che le dimensioni lineari del reticolo siano così grandi da essere a tutti gli effetti pratici infinite: $L \gg a$) significa che tutto è misurato in unità di $a$. Quindi per esempio se dovessi inserire la massa del quark, il numero che metterei nel programma sarebbe in realtà $am$, che è un numerello adimensionale. La dimensione lineare del reticolo è data dal numero di punti per lato con cui discretizzo il mondo: $N = L/a$. E così via. In altre parole tutto va come se $a=1$, quando di fatto scrivo il programma. Pensate alle unità naturali $c = \hbar = 1$ e vi fate una ragione della faccenda.
E allora come facciamo a conoscere $a$? Il fatto è che esiste una relazione funzionale tra il valore di $g_0$ (che è l'unico input fisico della simulazione) e il valore di $a$: quindi il passo reticolare è un output della simulazione stessa, lo possiamo scoprire solo alla fine. Saprete perdonarmi, spero, se per spiegare questa cosa sono costretto a tornare al modello di Ising.
Bene. Ora il fatto è che a temperatura critica $T_c$ il modello di Ising va incontro a una transizione di fase del secondo ordine. Alla transizione, $\xi$ diverge e la funzione di correlazione non decade più esponenzialmente ma a potenza. Prendiamo in considerazione la figura che segue:
L'immagine a sinistra mostra i "risultati" di una certa simulazione a una certa temperatura $T_1 \gt T_c$. $\xi$ vale pochissimi passi reticolari. A destra, i "risultati" di una simulazione a una temperatura $T_2$ più vicina a $T_c$ rispetto a $T_1$. $\xi$ è aumentata. Man mano che ci avviciniamo a $T_c$, $\xi$ cresce sempre di più (con una legge dettata dagli esponenti critici del modello di Ising), e al punto critico diverge. Ma ovviamente diverge se misurata in unità di passo reticolare $a$, che stiamo considerando costante anche se cambiamo temperatura e ci avviciniamo a $T_c$. Ora però cambiamo punto di vista. Immaginiamo che $\xi$ sia una certa lunghezza fisicamente rilevante, finita, di cui conosco il valore sperimentale. Solo per fare un esempio, diciamo che $\xi = 1$ fm. Così, tanto per dire. Allora nella prima simulazione trovo che $\xi = 2a$ (circa), e se impongo che $\xi = 1$ fm, allora ottengo $a = 0.5$ fm. Nella seconda simulazione misuro $\xi = 8a$ (circa), e con lo stesso ragionamento di prima trovo che $a = 0.125$ fm.
Da questo esempio impariamo che, se misuriamo le cose in unità fisiche (cioè in unità di $\xi$) invece che in unità reticolari (cioè in unità di $a$), quando $T \to T_c$ allora $a \to 0$. E questo si chiama limite del continuo.
Considerate però che nel mondo delle interazioni forti, per dire le cose in maniera un po' ingenua, gli eventi sono correlati fino a distanze tipiche dell'ordine di $1$ fm, che corrisponde grosso modo alle dimensioni di un protone. Se misuriamo $1$ fm in unità reticolari, quando $a\to 0$, allora $1$ fm paradossalmente diventa una lunghezza infinita (pensate alla figura precedente). Quindi il limite del continuo in LLQCD deve corrispondere a una transizione di fase del secondo ordine.
Immaginiamo ora di calcolare, nel nostro mondo reticolare, la massa del protone. Mettiamo su la nostra simulazione, e ricordate che l'unico parametro di input è l'accoppiamento bare, $g_0$. Poiché l'unica scala fisica presente è il passo reticolare $a$, per motivi dimensionali il nostro risultato deve avere la forma $$m = a^{-1}f(g_0)$$ in cui $f(g_0)$ è una certa funzione adimensionale di $g_0$. Per riuscire a ottenere un risultato fisico sensato e finito quando $a\to 0$, cioè per rinormalizzare la teoria, è necessario che quando $a\to 0$ allora $g_0\to g_0^*$ tale che $$f(g_0^*) = 0$$ In altre parole quando $a\to 0$, allora $g_0$ va a un certo valore critico, $g_0^*$, che segna un punto di transizione del secondo ordine del sistema.
Ciò che rende LLQCD paradossalmente più semplice del modello di Ising, da un punto di vista perturbativo, è che grazie al comportamento asintoticamente libero della teoria sappiamo calcolare analiticamente $g_0^*$ e gli esponenti critici (in pratica la $\beta$-function) in teoria delle perturbazioni. Ricordiamo infatti che possiamo interpretare $g_0$ come l'accoppiamento rinormalizzato alla scala del cut-off (questa è proprio la definizione di accoppiamento bare). Ma noi sappiamo che la teoria è asintoticamente libera: quindi quando $a\to 0$ significa che la scala di momento $\mu = 1/a \to \infty$ e $g_0$ si annulla logaritmicamente. Otteniamo quindi l'importante risultato $$ g_0^* = 0$$ Dunque esiste una relazione funzionale ben definita, in LLQCD (l'introduzione di altri quark e delle loro masse complica solo un po' la situazione, ma in definitiva il principio è lo stesso), che lega il passo reticolare $a$ alla costante d'accoppiamento bare $g_0$. Non possiamo specificare entrambi come input di una simulazione, dobbiamo contentarci di introdurre $g_0$ e ottenere $a$ come risposta. Questa relazione funzionale è nota in teoria delle perturbazioni, a patto di introdurre una scala fisica, $\Lambda_{\text{QCD}}$, che non è calcolabile perturbativamente. Nella pratica si procede in questo modo. Si fa una simulazione per un certo valore di $g_0 = g_0^{(1)}$ e si calcola. diciamo, la massa del protone. Il risultato della nostra simulazione sarà, per motivi dimensionali, il numero puro $$ M_{p1} = m_p a_1$$ in cui $a_1$ è il passo reticolare corrispondente a $g_0^{(1)}$. Se insistiamo sul fatto che $m_p$ sia proprio la massa fisica del protone, $m_p = 938$ MeV, allora possiamo calcolare $a_1$ in dimensioni fisiche, cioè in MeV$^{-1}$. Voi direte: e cosa ci abbiamo guadagnato? 'Spetta. Abbiamo appena speso un input fisico. Ora, nella stessa simulazione abbiamo calcolato anche la massa di un altro adrone (non è necessario specificare quale), chiamiamola $M_{h1}$, che sarà della forma $M_{h1} = m_h a_1$. Naturalmente $m_h$ è la massa fisica dell'adrone in questione, e poiché conosciamo $a_1$ avendolo ricavato dalla massa del protone, adesso abbiamo una predizione per $m_h$. Spero sia chiaro: spendo un input fisico, e tutto il resto è predizione, e questo è proprio il succo della rinormalizzazione.
Naturalmente la storia non finisce qui, perché i valori che abbiamo appena calcolato sono validi solo in un mondo discreto con passo reticolare $a_1$. Noi però vogliamo i risultati nel limite del continuo. A questo punto è facile: facciamo altre simulazioni (tante quante ne permette la nostra potenza di calcolo) mettendo in input $g_0^{(2)},\;g_0^{(3)},\;\cdots$ prendendo valori sempre più piccoli di $g_0$. Otterremo quindi valori sempre più piccoli di $a$, e alla fine potremo estrapolare i nostri risultati fisici per $a\to 0$.
Se ho scelto LLQCD per cominciare è per un motivo ben preciso: perché in questa teoria, essendo i quark massless, ho un solo parametro libero nella lagrangiana: la costante d'accoppiamento. Questo mi farà gioco quando vorrò spiegare la rinormalizzazione su reticolo (devo spendere un solo input fisico) o anche il calcolo teorico della costante d'accoppiamento rinormalizzata a una certa scala. Adesso però mi preme di spiegare perché il limite del continuo, nella QCD su reticolo, corrisponde a una transizione di fase del secondo ordine in un modello di Meccanica Statistica.
Soprattutto vorrei rispondere a una domanda che sento girare nell'aria, anche se rimane inespressa: quando si fa una simulazione, come si decide il valore del passo reticolare $a$? Cosa facciamo, lo mettiamo esplicitamente a $0.05$ fm? O a un valore più piccolo, o più grande? E come decidiamo, in corrispondenza, il valore della costante d'accoppiamento bare? Ovvero, sembra che i parametri liberi in LLQCD siano due: $g_0$ e $a$, di cui uno con le dimensioni fisiche di una lunghezza. Ma questo non è vero, per un paio di motivi. Prima di tutto in una simulazione possiamo inserire solo parametri adimensionali, e poiché l'unica scala fisica in una simulazione è il passo reticolare $a$ (stiamo assumendo che le dimensioni lineari del reticolo siano così grandi da essere a tutti gli effetti pratici infinite: $L \gg a$) significa che tutto è misurato in unità di $a$. Quindi per esempio se dovessi inserire la massa del quark, il numero che metterei nel programma sarebbe in realtà $am$, che è un numerello adimensionale. La dimensione lineare del reticolo è data dal numero di punti per lato con cui discretizzo il mondo: $N = L/a$. E così via. In altre parole tutto va come se $a=1$, quando di fatto scrivo il programma. Pensate alle unità naturali $c = \hbar = 1$ e vi fate una ragione della faccenda.
E allora come facciamo a conoscere $a$? Il fatto è che esiste una relazione funzionale tra il valore di $g_0$ (che è l'unico input fisico della simulazione) e il valore di $a$: quindi il passo reticolare è un output della simulazione stessa, lo possiamo scoprire solo alla fine. Saprete perdonarmi, spero, se per spiegare questa cosa sono costretto a tornare al modello di Ising.
Lunghezza di correlazione
Prendiamo in considerazione la funzione di correlazione a due punti (che poi sarebbe il propagatore, in una teoria di campo): $ \langle s_x s_y \rangle $. Questa grandezza mi dice quanto sono correlati due spin che si trovano a distanza $|x-y|$, cioè in pratica quanto il valore di uno dei due spin influenzi l'altro. In altre parole mi dà un'idea di che range abbia l'interazione effettiva tra gli spin, anche se so che nell'hamiltoniana bare, per dire così, l'interazione è solo a primi vicini. In generale si trova che la funzione di correlazione decade esponenzialmente: $$ \langle s_x s_y \rangle \propto e^{-|x-y| / \xi} $$ $\xi$ è la lunghezza di correlazione. Intuitivamente possiamo dire che gli spin sono correlati fino a una distanza pari a $\xi$. Ora però tenete conto che su reticolo sia $|x-y|$ sia $\xi$ sono misurati in unità di passo reticolare $a$. Per esempio, se dico $\xi = 10$, sto intendendo che in unità fisiche $\xi = 10a$.Bene. Ora il fatto è che a temperatura critica $T_c$ il modello di Ising va incontro a una transizione di fase del secondo ordine. Alla transizione, $\xi$ diverge e la funzione di correlazione non decade più esponenzialmente ma a potenza. Prendiamo in considerazione la figura che segue:
L'immagine a sinistra mostra i "risultati" di una certa simulazione a una certa temperatura $T_1 \gt T_c$. $\xi$ vale pochissimi passi reticolari. A destra, i "risultati" di una simulazione a una temperatura $T_2$ più vicina a $T_c$ rispetto a $T_1$. $\xi$ è aumentata. Man mano che ci avviciniamo a $T_c$, $\xi$ cresce sempre di più (con una legge dettata dagli esponenti critici del modello di Ising), e al punto critico diverge. Ma ovviamente diverge se misurata in unità di passo reticolare $a$, che stiamo considerando costante anche se cambiamo temperatura e ci avviciniamo a $T_c$. Ora però cambiamo punto di vista. Immaginiamo che $\xi$ sia una certa lunghezza fisicamente rilevante, finita, di cui conosco il valore sperimentale. Solo per fare un esempio, diciamo che $\xi = 1$ fm. Così, tanto per dire. Allora nella prima simulazione trovo che $\xi = 2a$ (circa), e se impongo che $\xi = 1$ fm, allora ottengo $a = 0.5$ fm. Nella seconda simulazione misuro $\xi = 8a$ (circa), e con lo stesso ragionamento di prima trovo che $a = 0.125$ fm.
Da questo esempio impariamo che, se misuriamo le cose in unità fisiche (cioè in unità di $\xi$) invece che in unità reticolari (cioè in unità di $a$), quando $T \to T_c$ allora $a \to 0$. E questo si chiama limite del continuo.
Il limite del continuo
Torniamo alla nostra LLQCD. Prima di rinormalizzare la teoria (ma dopo averla regolarizzata, perché l'abbiamo messa su reticolo), l'unica "scala" fisica presente nella teoria è proprio il passo reticolare $a$ (perché i quark sono massless e $g_0$ è adimensionale. Possiamo considerare $1/a$ come l'equivalente della scala arbitraria $\mu$ che si introduce in regolarizzazione dimensionale.Considerate però che nel mondo delle interazioni forti, per dire le cose in maniera un po' ingenua, gli eventi sono correlati fino a distanze tipiche dell'ordine di $1$ fm, che corrisponde grosso modo alle dimensioni di un protone. Se misuriamo $1$ fm in unità reticolari, quando $a\to 0$, allora $1$ fm paradossalmente diventa una lunghezza infinita (pensate alla figura precedente). Quindi il limite del continuo in LLQCD deve corrispondere a una transizione di fase del secondo ordine.
Immaginiamo ora di calcolare, nel nostro mondo reticolare, la massa del protone. Mettiamo su la nostra simulazione, e ricordate che l'unico parametro di input è l'accoppiamento bare, $g_0$. Poiché l'unica scala fisica presente è il passo reticolare $a$, per motivi dimensionali il nostro risultato deve avere la forma $$m = a^{-1}f(g_0)$$ in cui $f(g_0)$ è una certa funzione adimensionale di $g_0$. Per riuscire a ottenere un risultato fisico sensato e finito quando $a\to 0$, cioè per rinormalizzare la teoria, è necessario che quando $a\to 0$ allora $g_0\to g_0^*$ tale che $$f(g_0^*) = 0$$ In altre parole quando $a\to 0$, allora $g_0$ va a un certo valore critico, $g_0^*$, che segna un punto di transizione del secondo ordine del sistema.
Ciò che rende LLQCD paradossalmente più semplice del modello di Ising, da un punto di vista perturbativo, è che grazie al comportamento asintoticamente libero della teoria sappiamo calcolare analiticamente $g_0^*$ e gli esponenti critici (in pratica la $\beta$-function) in teoria delle perturbazioni. Ricordiamo infatti che possiamo interpretare $g_0$ come l'accoppiamento rinormalizzato alla scala del cut-off (questa è proprio la definizione di accoppiamento bare). Ma noi sappiamo che la teoria è asintoticamente libera: quindi quando $a\to 0$ significa che la scala di momento $\mu = 1/a \to \infty$ e $g_0$ si annulla logaritmicamente. Otteniamo quindi l'importante risultato $$ g_0^* = 0$$ Dunque esiste una relazione funzionale ben definita, in LLQCD (l'introduzione di altri quark e delle loro masse complica solo un po' la situazione, ma in definitiva il principio è lo stesso), che lega il passo reticolare $a$ alla costante d'accoppiamento bare $g_0$. Non possiamo specificare entrambi come input di una simulazione, dobbiamo contentarci di introdurre $g_0$ e ottenere $a$ come risposta. Questa relazione funzionale è nota in teoria delle perturbazioni, a patto di introdurre una scala fisica, $\Lambda_{\text{QCD}}$, che non è calcolabile perturbativamente. Nella pratica si procede in questo modo. Si fa una simulazione per un certo valore di $g_0 = g_0^{(1)}$ e si calcola. diciamo, la massa del protone. Il risultato della nostra simulazione sarà, per motivi dimensionali, il numero puro $$ M_{p1} = m_p a_1$$ in cui $a_1$ è il passo reticolare corrispondente a $g_0^{(1)}$. Se insistiamo sul fatto che $m_p$ sia proprio la massa fisica del protone, $m_p = 938$ MeV, allora possiamo calcolare $a_1$ in dimensioni fisiche, cioè in MeV$^{-1}$. Voi direte: e cosa ci abbiamo guadagnato? 'Spetta. Abbiamo appena speso un input fisico. Ora, nella stessa simulazione abbiamo calcolato anche la massa di un altro adrone (non è necessario specificare quale), chiamiamola $M_{h1}$, che sarà della forma $M_{h1} = m_h a_1$. Naturalmente $m_h$ è la massa fisica dell'adrone in questione, e poiché conosciamo $a_1$ avendolo ricavato dalla massa del protone, adesso abbiamo una predizione per $m_h$. Spero sia chiaro: spendo un input fisico, e tutto il resto è predizione, e questo è proprio il succo della rinormalizzazione.
Naturalmente la storia non finisce qui, perché i valori che abbiamo appena calcolato sono validi solo in un mondo discreto con passo reticolare $a_1$. Noi però vogliamo i risultati nel limite del continuo. A questo punto è facile: facciamo altre simulazioni (tante quante ne permette la nostra potenza di calcolo) mettendo in input $g_0^{(2)},\;g_0^{(3)},\;\cdots$ prendendo valori sempre più piccoli di $g_0$. Otterremo quindi valori sempre più piccoli di $a$, e alla fine potremo estrapolare i nostri risultati fisici per $a\to 0$.
Commenti
Posta un commento
Siate gentili con tutti.